Oggi giorno si fa un gran parlare a proposito
dei survival horror, su come l’utenza li preferisce e di come dovrebbero
tornare alle origini. Molte volte però, si perde il senso delle origini, quel
Resident Evil che nel 1996 s’impose come pietra miliare della storia
videoludica. Per il suo tempo introduceva meccaniche di gioco che non si erano
mai viste fino a quel momento, il più delle volte, votate a sfavorire la
praticità d’utilizzo e la semplicità di gioco. La più importante novità, che lo
rese famoso, era data dal fatto che si prefiggeva d'essere il primo gioco che
non ambiva a divertire l’utente bensì a terrorizzarlo. Da lì vennero fatti
numerosi seguiti, remake e molte altre saghe cercarono di avvicinarcisi il più
possibile, ma mai nessun altro gioco raggiunse la tensione e l’angoscia che il
capostipite sapeva imprimere nei cuori dei giocatori.
Tutte le storie hanno un inizio
Durante l’estate del 98, nella foresta nei
dintorni di Racconn City, vengono ritrovati i resti di un uomo probabilmente
sbranato da un orso. La squadra BRAVO della S.T.A.R.S. è mandata in
perlustrazione ma inspiegabilmente il loro elicottero precipita e si perde ogni
contato con loro. Per vederci chiaro, entra in azione il team ALPHA, nel quale
militano anche Chris e Jill, i due personaggi giocabili, l’insospettabile
Wesker, Barry e Joseph. Arrivati nella foresta, sono attaccati da strani cani
che li costringono a trovare riparo in una villa poco distante. Il sollievo di
aver trovato riparo farà ben presto spazio alla paura di essere in trappola.
Questo è, per sommi capi, l’incipit della storia che ci porterà ad esplorare,
in missione solitaria, la grande villa degli Spencer. L’area di gioco è molto
vasta e il backtracking è molto forte. Non potrete far altro che imparare a
memoria ogni singola stanza e aprire la porta seguente pregando che non succeda
nulla di catastrofico (o insospettirvi quando c’è troppa tranquillità). A ogni
passo può succedere qualunque cosa: uomini apparentemente morti che si
rialzano, cani rabbiosi che sfondano finestre alle vostre spalle, strane
creature che sbucano da un laboratorio segreto, fulmini e saette ad illuminare
enormi stanzoni bui. La possibilità di giocare la campagna con i due diversi
personaggi, i quali possiedono capacità peculiari differenti, e i finali
alternativi danno un pizzico di rigiocabilità che altrimenti resterebbe legata
solo alla volontà di cercare ogni minimo dettaglio e indizio che possa spiegare
le vicende narrate durante la storia. Un horror poliziesco pieno di colpi di
scena e suspense.
Il legno non si piega e non si spezza
Il sistema di controllo è ancora oggi questione
di dibattito. Legnoso più di un albero, dava alla nostra controparte a schermo
una rigidità e una difficoltà di manovra senza pari. Probabilmente un controllo
tanto malefico, fu pensato per simulare la paralisi e la difficoltà nei
movimenti che il terrore può indurre in una persona, ma certe volte vi sembrerà
un po’ eccessivo. A complicare le cose c’è anche un inventario dalle ridotte
dimensioni, capace di trasportare pochi oggetti: vi ritroverete, dunque, a
correre avanti e indietro per raggiungere la stanza del salvataggio, unica zona
franca dove si possono depositare oggetti e salvare la partita tramite la
macchina da scrivere. La difficile organizzazione degli oggetti, la scarsità di
munizioni e i salvataggi in numero limitato, fanno sì che l’incedere sia
estremamente riflessivo e parsimonioso, dietro ogni porta potrebbe esserci
qualsiasi forma di vita (o non morta) che tenterà di uccidevi per cui è
necessario pensare approfonditamente prima di compiere ogni tipo di azione. Per
quanto concerne l’aspetto tecnico, Resident Evil sarà ricordato per un uso
magistrale dei fondali non poligonali, che danno un tocco di realismo non
indifferente. Essi resteranno come marchio distintivo della saga per buona
parte dei seguiti e nei remake. Altra nota positiva sono le musiche e gli
effetti sonori sempre al posto giusto: gestiti in maniera egregia, sanno
incutere paura nei momenti più concitati, angoscia nelle situazioni più
silenziose e dare una parvenza di calma e tranquillità quando ci si trova alla
macchina da scrivere.
Commento Finale
In definitiva, Resident Evil, è un gioco che
ancora oggi avrebbe senso d'esser giocato. Le sensazioni che seppe generare a
suo tempo restano tuttora immutate, un punto di svolta per l’industria
videoludica che ogni giocatore dovrebbe aver giocato. Questo importantissimo
titolo, conosciuto in Giappone con il nome di Biohazard, è stato convertito su
molte piattaforme e, addirittura, la prima versione, quella per PSX, ha subito
diverse riedizioni. Per giocarlo oggi è possibile scaricare tramite il PSN la
versione dell’originale giocabile su PS3 e PSP oppure la versione leggermente
modificata con l’aggiunta di sezioni con l’uso del touchscreen, uscita per
Nintendo DS. Se invece siete dei fortunati possessori di Gamecube o Wii non
lasciatevi scappare il remake, così detto Rebirth, uscito nel 2002 il quale va
ad aggiungere ulteriore profondità alla trama, una grafica completamente
rivista e migliorata ma soprattutto tante novità di gameplay. Nonostante i
cambiamenti, il remake mantiene inalterate le sensazioni che si provarono con
la versione del ’96.
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